Cammini e camminatori nella rigenerazione dell’Appennino Centrale

Appennino Centrale: lo scorso 6 settembre 2020, IT.A.CÀ ha partecipato all’organizzazione di una giornata dedicata al turismo sostenibile e responsabile nel comune di Acquasanta Terme, celebrando la riapertura di un sentiero delle Vie Mulattiere con il passaggio dei giovani camminatori di Va’ Sentiero. Vi  raccontiamo con un viaggio di parole e passi, cosa abbiamo imparato di questo spezzone di aree interne nel cuore d’Italia.

L’Appennino centrale, amazzonia d’Italia, si sta aprendo ai camminatori, timidamente. Ma il 2020 è stato un anno strano, ha messo alla prova le aree interne. Le ha trovate spesso impreparate, modeste. Ma anche ricche e piene di storie e racconti per i visitatori.

In molti ci siamo chiesti, il turismo può rigenerare l’Appennino?
Forse. Ma solo siglando questo patto di lentezza e responsabilità.

Quelle dell’Appennino Centrale, semi-abbandonate e poi ferite, sono terre che non hanno bisogno di chi calpesta e passa via, ma di chi ha voglia di tornare, di restare, di scoprire. Per capire davvero  quello che hanno da offrire, bisogna viverle con lentezza, passo dopo passo. Per riempirsi i polmoni d’aria, abituarsi al silenzio. Vedere i colori che sfumano dal giorno alla sera e il cielo rosaceo diventare rosso fuoco. Riscoprire la pazienza, l’ozio, l’attesa.

Da amanti della montagna, la mattina siamo partiti da Colle d’Arquata insieme a Va’ Sentiero e ai ragazzi di Arquata Potest, volontari instancabili nella riapertura dei 100 km di sentieri ad Arquata del Tronto, uno dei comuni più colpiti dal terremoto del 2016. Citando le parole di Vittorio Camacci, il team si fa guidare dai principi di Resistenza, Resilienza e Rimanenza per tracciare i sentieri sulla terra come fossero tatuaggi sulla pelle e con la cura che si deve mostrare verso territori fragili.

Questa è la loro risposta ad una ricostruzione lenta, agendo sul territorio, vivendolo, curandolo. Una forza d’animo e fierezza che sono proprie di chi vive la montagna.

Con loro arriviamo alla Macera della Morte, salendo un dislivello id oltre mille metri con vista sul crinale in uno dei paesaggi più suggestivi delle Marche. Il terminale è di un fascino tutto suo. Segna il passaggio tra tre regioni (Marche, Abbruzzo e Lazio). È qui che incontriamo Peter Lerner, di nascita inglese ma cuore appenninico da anni.  Oltre ad essere il referente locale del Cammino delle Terre Mutate, ci racconta anche delle camminate alla scoperta degli angoli nascosti tra i Monti Della Laga. Peter parla dei monti come fossero amici di lunga data.

Del Cammino ci racconta di come stia diventando sempre più partecipato e delle difficoltà di lavorare sul turismo di comunità in territori come questi, in cui si è abituati ad un turismo di seconde case, di chi torna dalle grandi città per qualche settimana o mese in estate. Non si è abituati all’idea che ci siano camminatori da chissà dove ad attraversare monte dopo monte, comune dopo comune.

Il Cammino non sta soltanto aiutando nella mappatura e mantenimento dei sentieri, ma anche lavorando per la creazione di una rete solidale tra artigiani e piccole realtà economiche dell’Appennino, supportando la nascita di un movimento di rigenerazione. Ma è un processo che richiede tempo e cura.

Camminando ci confrontiamo con i ragazzi/e del progetto di Va’ Sentiero (con cui in passato il festival ha realizzato diverse collaborazioni), ne condividiamo i valori. Yuri Basilocò, che di territori in cammino ne ha già visti tanti partendo dal Friuli e attraversando già mezza Italia invece, ci dice di come sia colpito dall’ospitalità e accoglienza (sempre accompagnata da ottimo cibo) di queste terre, e di come vorrebbe trasmettervi il senso di positività, che spesso manca a chi è abituato a vivere in aree quasi isolate.

Kilometri dopo kilometri, arriviamo a Colle Pidocchi, dove ad aspettarci c’è il team del progetto Antiche Vie Mulattiere dell’Acquasantano – supportato dalla Fondazione CARISAP -, organizzatori della giornata.

Tania Cesarini, ci dice che l’albero caduto durante l’inverno non lo hanno voluto togliere, ma ci hanno fatto un passaggio. Cosi è diventato anche un luogo di ristoro al fresco per i camminatori. Perché l’apertura dei sentieri deve integrarsi sul paesaggio. Non nasconderne le ferite, ma renderle parte di quel che vediamo. Anche questo è rigenerazione. 

Il cammino ci fa approdare nel paesino-gioiello in pietra di San Martino, in ci sono anche i rappresentati dei due comuni di Acquasanta Terme e Arquata del Tronto. Colpiscono le parole del vice sindaco di Arquata, Michele Franchi: “Come amministrazioni non dobbiamo più  badare ognuno al proprio orticello, ma andare oltre. Per sperare in una rinascita dobbiamo essere uniti e cominciare a pensare ad un sistema centro-Italia.” Parole forti di chi ci crede che queste terre possano vivere di un nuovo umanesimo della montagna.

Parlando con chi di cammini si occupa da una vita, come Paola Romanucci (CAI Ascoli) e Gennaro Pirocchi (CAI Teramo), ci raccontano del lavoro fatto negli anni per il ritorno consapevole tra queste montagne. Che deve essere un’azione propositiva e solidale, ma anche di come ci sia bisogno di aumentare la fruibilità per far si che ciò avvenga. Abbiamo bisogno di differenziazione e di alternative per i visitatori della montagna, per farli essere consapevoli di cosa stanno vivendo.

Infine, un tocco di positività, speranza e resilienza ci entra nell’anima con le parole di Patrizia Vita (Cosa Accade Se Abitiamo e coordinatori della tappa di IT.A.CÀ Parco Nazionale Monti Sibillini) che con sorridente orgoglio parla del processo di coinvolgimento della comunità ad Ussita nelle passeggiate “urbane” tra le frazioni, per scoprire la memoria e la voce dei luoghi, anche dove ora regna il silenzio. Mentre sfoglia la guida, si sentono le voci ed il calore proprio della gente dell’Appennino.

Che poi, l’Appennino è anche riserva di cultura e ironia. Questo però è difficile da raccontare, lo s può solo vivere.
Vi lasciamo con un assaggio nella musica dei Piceno Brass che hanno rallegrato la nostra giornata e che a modo loro raccontano un territorio che non si prende sul serio e che con la creatività e volontà dei giovani può rinascere ancora più rigoglioso.

Insomma, questo è un invito a venire per visitare queste terre, scoprirle e raccontare la bellezza nascosta che cosa c’è e cosa si vive.
Un invito a capire cosa vuol dire una ricostruzione lenta, ma anche cosa vuol dire “restare”, amando la terra a cui appartieni.

Blog IT.A.CÀ
Annalisa Spalazzi 

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