Dai Colli Euganei ai ghiacciai islandesi | Intervista ad Alberto Marini, glacier guide

Cari amici viaggiatori e amiche viaggiatrici, oggi nel nostro blog intervistiamo Alberto Marini che da circa due anni lavora come “glacier guide” in Islanda.

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Alberto Marini

È cresciuto sui colli Euganei ai quali pensa “come al più bel parco giochi che un bambino possa desiderare” ed ha trascorso un’adolescenza senza videogiochi e televisione, ma piena di passi che lo hanno fatto innamorare della natura. Alberto è stato sin da piccolo un esploratore: partiva la mattina con l’ unica preoccupazione di tornare a casa per cena. Quel bambino non ha mai smesso di esplorare il territorio che lo circonda e un giorno di tre anni fa è approdato su un’ isola nell’oceano artico dalla quale non è ancora tornato.

Alberto, che cosa spinge una persona che proviene dal clima mite dei colli veneti a trasferirsi in un paese come l’Islanda?  

La mia casa natale si trovava su una collina e la distanza che la separava dal centro abitato più vicino mi precludeva la possibilità di interagire con i miei coetanei per la maggior parte del tempo.

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Colli Euganei

Quando ero bambino fu presto chiaro a tutti che non ero tagliato per la vita casalinga e mi fu sempre concesso di vagabondare liberamente durante le lunghe asfissianti giornate estive o di perdermi nella nebbia densa e appiccicosa, con gli alberi impreziositi dalla “sisàra” (brina), che caratterizzava gli inverni nella mia zona.

Sono arrivato in Islanda con la precisa intenzione di camminarla in lungo e in largo, di fare foto, di esplorare i ghiacciai e scalare sul ghiaccio per divertimento.

Sapendo che questo è un paese costoso ho avuto la premura di procurarmi un lavoro dall’Italia in un rifugio nel bosco di Thorsmork dove ho conosciuto molte persone e alcune guide con le quali ho subito legato per la comune passione per l’alpinismo e l’arrampicata e per la montagna in genere.

Mi viene detto che potrei avere le carte in regola per fare la guida a mia volta, ci credo, chiedo a tutte le compagnie della costa sud e “Glacier Guides-Arctic Adventures” mi intervista. Dopo aver superato un percorso di training sul ghiaccio e teorico, che spazia dal come relazionarsi col cliente, alle tecniche di recupero da crepaccio, mi assume.

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Ho capito che sarei rimasto qui praticamente subito, non mi dilungo a spiegare perché, è semplicemente il posto che fa per me: adoro il clima, il vento fortissimo quando spazza i campi di lava e il ghiaccio, mi piace il susseguirsi del buio che ti protegge nei mesi invernali e la luce perenne che ti sovraespone nei mesi estivi. Mi piace che se voglio posso camminare per una settimana e potenzialmente perdermi e rischiare di brutto nelle highlands o sul ghiacciaio, senza incontrare nessun altro essere umano e per questo scelgo meglio con chi passare il tempo.

Amo specialmente il profumo dell’aria e il gusto dell’acqua che bevo da qualunque fosso/ruscello/cascata/lago senza remore.

Com’è la vita da “glacier guide”?  

Vivo nel sud dell’isola a Hvolsvollur, circa 900 abitanti, nelle vicinanze di alcuni tra i ghiacciai più grandiosi e vasti (il primo, il quarto e il quinto per estensione) e circondato da tre tra i più conosciuti vulcani della costa: il famoso e impronunciabile Eyjafjöll, Hekla e Katla.

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Foto di Alberto Marini

Lavoro come glacier guide da circa due anni e, grazie alla fiducia che il mio capo ha riposto in me e alla mia attitudine “say yes to everything”, sono diventato un suo assistente e ora, oltre a fare la guida per glacier hikes e ice climbing tours, mi occupo del training delle nuove reclute, compito che mi da molta soddisfazione.

Nel tempo libero solitamente vado a scalare sul ghiaccio con colleghi e amici facendo foto per catturare le ineguagliabili forme delle rocce e del ghiaccio esposti a tagli di luce sempre diversi.

La visita guidata ad un ghiacciaio in Islanda non è sicuramente un’esperienza da tutti i giorni! Chi sono i turisti che decidono di scegliere questo tipo di vacanza esperienziale? Quanto è responsabile questa pratica e che conseguenze porta con sé a livello di impatto e tutela nel territorio?  

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Il business legato al turismo in Islanda ha superato quello della pesca e nel 2018 raggiungendo quasi le due milioni e mezzo di visite, contro le circa cinquecentomila del 2010. I miei clienti sono estremamente eterogenei per estrazione sociale, nazionalità, religione, educazione, cultura di provenienza. L’esplorazione dei ghiacciai islandesi ha subito un forte incremento in quanto facilmente accessibili rispetto ad altri in giro per il mondo.

Questo tipo di turismo ha un impatto assai trascurabile se messo a confronto con altri fattori che influenzano lo scioglimento dei ghiacciai che, di anno in anno, si ritirano e si assottigliano di decine di metri. Non sono uno scienziato, non vendo teorie ai miei clienti. Non attribuisco colpe né cerco colpevoli, ciò che mi limito a fare con loro è constatare come il tasso di scioglimento dei ghiacciai islandesi sia incrementato paurosamente negli ultimi 20 anni e “guidarli” a porsi degli interrogativi, ad immaginare possibili scenari futuri.

Nonostante i dati siano preoccupanti, lascio ampi spiragli di speranza e cerco di far passare il messaggio che tanto si può e si deve ancora fare; per la mia esperienza la speranza è ben più produttiva della disperazione.

L’augurio è che le persone a cui faccio da guida, messe di fronte all’evidenza di ciò che sta accadendo, torneranno alla loro vita con una nuova consapevolezza e sceglieranno pratiche quotidiane più sostenibili.

Per quel che riguarda il settore del turismo, secondo te oggi giorno si può parlare in Islanda di turismo responsabile e sostenibile? C’è nel paese una filosofia di base dietro a questo tipo di mercato, sia da parte delle istituzioni che dei cittadini?  

Ci sono molte fonti attendibili sul web dove corre il dibattito su come il flusso di turisti stia impattando sull’ambiente e sugli equilibri sociali di questo paese. A partire dai numeri di cui ho parlato in precedenza, è ragionevole presumere che, a causa della rapida e inaspettata crescita del numero di visitatori, il paese non fosse pronto ad accoglierli.

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Aurora Boreale – Foto di Alberto Marini

L’emanazione di leggi a tutela delle principali attrazionie del patrimonio naturalistico non è stata compiuta in modo repentino e, parallelamente,  non era disponibile un numero sufficiente di servizi necessari a soddisfare le necessità dei viaggiatori. Per questo, ora in Islanda si lavora freneticamente per far incontrare la richiesta di alloggi e servizi con la tutela del territorio mettendo spesso in relazione, ad esempio, piccole realtà rurali con le rotte turistiche. L’obiettivo è quello di educare il turista all’amore per questo paradisiaco cumulo di rocce vulcaniche al fine di stimolare consapevolezza e rispetto.

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Se siete intenzionati a fare un esperienza di questo tipo in Islanda consigliamo vivamente di contattarlo dai suoi profili. Buon viaggio come sempre 🙂

Blog IT.A.CÀ
Desirè Gaudioso

 

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