Dall’Italia al Senegal in moto | Andare lontano per scoprirsi vicini

Oggi, carissimi viaggiatori e carissime viaggiatrici, vi raccontiamo la prima parte dell’entusiasmante viaggio responsabile, lungo circa 6.500km, che quattro amici stanno tuttora vivendo in sella a due moto BMW del 1986!

Viaggiare è scoprire nuove culture, immergersi nelle loro abitudini e usanze e arricchirsi gli occhi e il cuore ascoltando le loro storie, che spesso si mostrano fortemente lontane da quelle a cui si è abituati, ma talvolta così affini da non sentire confini.

Questa è la testimonianza di Patrizia Bottura, Flavio Boldrin, Anna Castelli e Fabio Stojan, quattro amici che il 5 aprile scorso hanno deciso di partire da Brisighella (la prima coppia) e dall’Elba (la seconda) in sella alle loro moto alla (s)volta del Senegal, passando per il Marocco.

L’obiettivo di questa loro avventura? Conoscere le realtà locali attraverso progetti di cooperazione internazionale.

Viaggiamo da molti anni e, in tutto questo tempo, abbiamo visitato gran parte del mondo – spiega Patrizia Bottura, referente del tour che collaborerà alla Tappa IT.A.CÀ Ravenna 2023 Una delle caratteristiche del “viaggio” è quella di immergersi in una realtà “diversa” da quella che sentiamo esserci propria. Questa sensazione è amplificata se ci si trova in un paese esotico, in cui usi e costumi sono diversi dai nostri e, questa volta, la diversità è amplificata dal Ramadan.

Ma questa volta qualcosa si è rotto: il sottile cristallo che separava noi occidentali dalla gente del Marocco, è andato in frantumi durante la nostra visita alla Casa di Accoglienza per bambini oncologici di Marrakech.

Patrizia e Flavio godendosi il deserto al tramonto

Ciao Patrizia! La prima tappa del vostro tour in moto è stata la Casa di accoglienza Dar Al Amal di Marrakech. Chi vi ha condotti lì?

Abbiamo potuto conoscere e visitare la Casa di Accoglienza di bambini oncologici di Marrakech, la Casa «Dar Amal» (Casa della Speranza) grazie a Soleterre Onlus, l’Ong italiana che opera da più di 10 anni in diversi paesi del mondo con un programma salute a sostegno dei pazienti oncologici, con particolare attenzione ai bambini. Qui, abbiamo incontrato Sonia Drioli, responsabile locale di Soleterre, e Bahija Gouimi, presidentessa della’associazione locale Amal e docente di Economia all’Università di Marrakech.

Sonia Drioli e Bahija Gouimi

Dobbiamo tener presente che l’ospedale di Marrakech è il punto di riferimento per tutta l’area sud del Marocco. Un’area enorme in cui i pazienti si devono somministrare trasferte faticosissime e costi insostenibili, per potersi sottoporre ad esami e terapie. Proprio per questo motivo Amal e Soleterre si sono attivate e nel settembre 2022 hanno inaugurano la casa di accoglienza, con il fondamentale contributo dell’Andreotti & Brusone Philanthropy Fund. Ad oggi, la Casa Dar Amal ha già ospitato 300 pazienti!

Quale aspetto vi ha colpiti di più della struttura?

Sicuramente il ruolo che gioca la Casa Dar Amal per la maggior parte della popolazione. Bisogna considerare, infatti, che la previdenza malattie in Marocco ha un funzionamento piuttosto particolare. Sui 40 milioni di abitanti, solo una parte marginale (dipendenti pubblici e di grandi aziende private) ha una forma assicurativa che copre, tutte o in parte, le spese mediche. La restante, e grandissima parte della popolazione, pratica quelle che potremmo definire “attività informali” spesso in centri abitati piccolissimi e distanti da ogni risorsa. Queste persone hanno come unica previdenza un “fondo Reale” il cui accesso però è assai complesso, non risarcisce completamente i costi delle cure e ne esclude una parte rilevante. L’effetto finale è che, gran parte di questa popolazione, non può accedere alle cure che, soprattutto nel settore oncologico, richiedono lunghe e ripetute trasferte in città grandi, lontane e costose.

 

La casa di accoglienza Dar Amal ha soprattutto il compito di rendere queste cure accessibili, ospitando i piccoli pazienti e i loro genitori per tutta la durata dei cicli di terapia, fornendo il trasporto da e per l’ospedale e mettendo a loro disposizione persone competenti che sono in grado di semplificare e rendere più efficace il rapporto con la struttura pubblica, assistendoli sia durante la terapia che durante le pratiche e le cure ospedaliere.

In questo modo, i pazienti possono “sentirsi a casa” durante tutta la durata delle terapie e condividere con altre persone coinvolte, e con esperti, l’intero percorso di cura.

Durante il vostro viaggio in Marocco avete vissuto insieme ai locals. Raccontateci qualche storia di vita vera.

Abbiamo trascorso tre giorni con gli ospiti della casa. Tre giorni di fine Ramadan, durante il quale molte terapie vengono spostate di qualche giorno, per essere praticate in un periodo meno “complicato” e rimangono fissate solo quelle più complesse e urgenti. Abbiamo conosciuto due piccoli pazienti e le loro famiglie: Adam e Braham.

Momento di fine Ramadan

Adam ogni mattina partiva per l’ospedale per seguire un ciclo di terapia piuttosto pesante, che però pare abbia dato buoni risultati. Il padre, cameriere a Tiznit (una piccola località nel sud del Marocco e a 24 ore di viaggio da Marrakech) nella necessità di seguire le terapie del suo piccolo aveva perso il lavoro ed è stato messo in grado di sostenere i trasferimenti e le terapie solo grazie agli aiuti erogati dagli amici di Amal e di Soleterre.

Brahim, invece, ha una situazione un po’ più articolata.  In seguito ad un periodo di debolezza e interruzione della crescita gli era stata diagnosticata una forma di anemia che, solo dopo una serie di esami condotti all’ospedale di Marrakech, aveva avuto una corretta diagnosi; anche in questo caso si tratta di un problema oncologico. Brahim ha anche la necessità di mantenersi in linea con il programma scolastico, e la casa glielo consente grazie all’intervento di insegnanti di sostegno. La situazione familiare di Brahim comprende anche un problema in più, che da queste parti assume una gravità particolare: la mamma di Brahim (e della sua sorella maggiore) è divorziata. Di lei si fa carico la famiglia del fratello, ma le risorse sono pochissime e senza aiuti esterni, e senza l’ospitalità gratuita della casa, le sarebbe senz’altro impossibile sottoporre Brahim alle cure che gli sono indispensabili.

I momenti più commoventi della nostra visita, tuttavia, sono state le interviste con il padre di Adam e con la madre di Brahim. Scambiare queste esperienze con loro ha rotto la parete di cristallo che divide popoli e culture diverse.

Per la prima volta ci siamo sentiti davvero uguali.

Ringraziamo Patrizia per condividere con noi le pillole di questo suo entusiasmante viaggio dall’Italia al Senegal che la vedrà coinvolta fino il 3 giugno, giorno di ritorno a Brisighella. Non vediamo l’ora di avere aggiornamenti!

Ricordatevi amici e amiche: non è mai troppo tardi per mettersi in partenza! Alla prossima avventura travelers!

Blog IT.A.CÀ
Aurora E. Ferrari
Collaboratrice comunicazione nazionale IT.A.CÀ
Responsabile comunicazione Tappa Spilamberto –Valle Panaro
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