In viaggio verso IT.A.CÀ con 100 Days

Buon inizio settimana cari amici di IT.A.CÀ. 

Oggi per la nostra rubrica abbiamo intervistato Alessandro e Kinzica, due bravissimi travel blogger che, dopo essersi incontrati nel 2009, iniziano ad inseguire i propri sogni unendo le proprie capacità professionali e creando un blog nel quale raccontano 100 giorni di viaggio svolto tra India e Kenya.

Questi due ragazzi hanno mollato tutto e condiviso la loro esperienza sul blog 100 days, sia con chi desidera sognare ad occhi aperti, sia con chi almeno una volta nella vita si è detto “mollo tutto e vado via”, sperando così di incoraggiarli a perseguire i propri sogni. Tornati dal viaggio della loro vita hanno deciso di continuare a scrivere di itinerari e destinazioni, perché 100days è un progetto più esteso, è un modo di vivere i viaggi, sia quelli brevi che quelli lunghi. 100days è viaggiare intensamente e intimamente.

 Secondo te c’è differenza tra turista e viaggiatore? In che consiste?

La differenza tra turista e viaggiatore esiste eccome! Il turista è colui che si sposta per una o due settimane l’anno o per qualche weekend, più che altro alla ricerca di situazioni simili, se non uguali, a quelle di partenza. Vuole fare una vacanza ma ha paura di ciò che non conosce o non è disposto a mettersi in gioco. Ricerca l’esperienza meno complicata e più organizzata possibile, vuole trovare similitudini con il paese di nascita e quando non le trova, spesso valuta le differenze in modo negativo. Quando vuole entrare in contatto con la cultura locale, si accontenta, anzi si entusiasma, davanti a spettacoli palesemente costruiti, che di reale non hanno proprio nulla. La versione peggiore del turista? Va in Kenya, ma solo ed esclusivamente in un villaggio e se capita nel supermercato locale, il più assomigliante a quelli europei ovviamente, pretende di interagire solo in italiano e si arrabbia se la commessa non capisce la parola “scolapasta” o se non riesce a trovare shampoo e balsamo della marca preferita (non credevo alle mie orecchie). Il viaggiatore invece è un essere più difficile da definire, viaggia perché vuole accogliere dentro si sé il mondo intero, vuole conoscerlo e cerca uno scambio con le persone. Inoltre il viaggiatore cerca di entrare in contatto in modo più profondo anche con se stesso. Il viaggiatore ha fame di novità, pretende di mettersi in gioco. Odia le situazioni preconfezionate e cerca di vivere al massimo ogni esperienza di viaggio che sia per un weekend o per un anno intero.

Cosa significa, per te, viaggiare responsabile?

Per me significa ricercare la propria felicità senza calpestare quella altrui. Idealmente tutti i viaggi dovrebbero essere responsabili, anche perché spesso non serve molto, è necessario partire dalla conoscenza. Serve una mentalità più elastica e più informata, più concentrata sugli altri che su se stessi. Significa rispetto, etica e sostenibilità. Infine può significare “aiutare”, che non vuol dire calmare i propri sensi di colpa (come lanciare le caramelle ai bambini da un bus in corsa).

Come può il turismo responsabile contribuire allo sviluppo economico e sociale di un territorio?

Contribuisce perché mette in moto circoli virtuosi, porta delle risorse economiche e culturali che sono equamente distribuite nel territorio. Una parte di queste risorse serve al sostentamento di comunità che spesso non hanno altro che quest’opportunità di crescita, un’altra invece è dedicata al miglioramento e al mantenimento delle strutture e dell’intero sistema che rende possibile il turismo responsabile. A livello sociale la commistione positiva tra etnie e popolazioni diverse porta sempre grandi opportunità di sviluppo, servono gli altri per avere stimoli e idee innovative.

Come dovrebbe essere utilizzata la creatività per promuovere il turismo responsabile in piccole comunità, città o grandi metropoli?

Dovrebbe essere utilizzata esattamente nel modo in cui è utilizzata per vendere un prodotto, anzi pure meglio. Si tratta di diffondere un’idea che serve a cambiare in meglio la nostra società, quindi deve essere convincente, accattivante, sintetica (rimandando a spazi adeguati per l’approfondimento) e soprattutto pensata sulla forma mentis di chi non crede al turismo responsabile. La comunicazione sociale vanta moltissimi esempi vincenti in termini di efficacia, come ad esempio moltissime campagne del WWF.

Daresti un consiglio ai viaggiatori che ci stanno leggendo su come prepararsi al meglio per affrontare il viaggio?

Consiglio di leggere molto prima di partire, di cercare sul web le esperienze di altri viaggiatori, di partire curiosi e liberi da pregiudizi. Non leggete solo libri o guide di viaggio, cercate testi che parlano della cultura di un popolo, ma affrontato da altri punti di vista. Se vi recate in un luogo che non assomiglia a quello dove abitate, può essere utile mettersi in contatto con persone provenienti del vostro background culturale che vivono o lavorano nella destinazione prescelta, saranno il ponte tra quello che eravate e quello che sarete. Quando viaggiate, osservate molto chi vi sta attorno, per capire cosa fare in situazioni nuove. Infine avvicinate qualcuno che v’ispira, con cui parlare e non dimenticatevi di fare tante domande e di essere sinceri. Il viaggio è scoperta.

La canzone che abbiamo scelto come colonna sonora del nostro viaggio è “Il viaggiatore – Mercanti di liquori

La foto è stata scattata nel novembre del 2011 a Pushkar, in India.

Rubrica “In viaggio verso IT.A.CÀ”
Angela Pizzi

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