Ruscio e la sua Pro Loco: storie di comunità | Intervista a Francesco Peroni

Nel cuore dell’Appennino umbro, tra boschi, sentieri e memorie di confine, si trova Ruscio, piccola frazione di Monteleone di Spoleto. Qui, la Pro Loco è molto più di un’associazione: è il motore di una comunità che, tra spopolamento e sfide quotidiane, continua a resistere e a reinventarsi. 

In vista della Tappa IT.A.CÀ Valnerina e Valle Spoletana 2025, abbiamo intervistato Francesco Peroni, segretario della Pro Loco di Ruscio, per scoprire come un borgo possa custodire il futuro valorizzando le proprie radici, accogliendo chi cammina lungo il Cammino di San Benedetto e trasformando ogni incontro in una nuova opportunità di vita.

Francesco Peroni

Ben trovato Francesco, ci racconti com’è nata la Pro Loco di Ruscio e che ruolo ha avuto nella storia recente del borgo?

La Pro Ruscio nasce nel 1967, in un contesto in cui la piccola frazione sentiva forte il bisogno di migliorare le proprie condizioni di vita. Fin dall’inizio, l’obiettivo è stato chiaro “anche se ancora non del tutto raggiunto: rendere Ruscio un luogo più vivibile, più connesso, più coeso.” Le prime iniziative furono molto concrete: l’estensione della pubblica illuminazione, l’introduzione della raccolta dei rifiuti – che allora era del tutto assente – e la realizzazione di un piccolo campo sportivo, che ha rappresentato un primo vero spazio di aggregazione per i giovani. Da lì è iniziato un percorso lungo quasi sessant’anni, fatto di progetti, sfide e innovazioni. Tra le realizzazioni più significative ci sono sicuramente l’acquisto e la ristrutturazione dell’ex asilo parrocchiale, oggi trasformato in una grande sala polifunzionale, la creazione dell’Ostello 499 e il Parco del Fiume Corno: un vero polmone verde, ma anche un simbolo di valorizzazione del nostro territorio.

Ostello 499

Tutte queste iniziative hanno avuto un effetto fondamentale: mantenere vivo, non solo nel paese ma anche tra chi oggi vive lontano per ragioni spesso legate al lavoro o alla famiglia, un forte senso di appartenenza. Ruscio è rimasto nel cuore di tanti, anche quando la distanza fisica sembrava incolmabile.
Abbiamo lavorato molto anche sul fronte culturale: dalla creazione dell’Archivio della Memoria di Ruscio alle pubblicazioni periodiche de La Barrozza e I Quaderni di Ruscio, passando per eventi culturali, sportivi e ricreativi. Tutto questo ha permesso alla nostra comunità di conservare un’identità solida e consapevole, anche in un’epoca segnata dallo spopolamento e dal progressivo ritiro delle istituzioni e dei servizi.

Ma non vogliamo che Ruscio diventi un museo di se stesso. Il nostro obiettivo è diverso: guardare al futuro. Lavoriamo ogni giorno per creare le condizioni che permettano non solo di restare, ma anche – perché no – di tornare a vivere qui. Con la stessa dignità e le stesse opportunità che si trovano altrove.
Credo che, nel suo piccolo, la Pro Ruscio abbia cercato di incarnare un’idea molto bella espressa da Cesare Pavese ne La luna e i falò: “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”
Ecco, questo è Ruscio: un luogo che resta. E aspetta.

Ruscio è un borgo simbolico, segnato dalla storia di confine tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie. Quanto pesa ancora oggi questa memoria collettiva? E come viene tramandata?

La memoria del confine è più radicata di quanto si possa immaginare. Anche se sono passati secoli, quell’antica linea tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie – che oggi corrisponde al confine tra Umbria e Lazio, a pochi chilometri da Ruscio – continua a vivere nel linguaggio e nei gesti quotidiani. I nostri anziani, ad esempio, quando vanno a Leonessa, dicono ancora che “vanno a lu Regnu”, conservando un’espressione che racconta più di mille libri.

Nel 2014, insieme alla Soprintendenza dell’Umbria, abbiamo scelto di restaurare e valorizzare uno dei cippi originari di quel confine preunitario. Lo abbiamo collocato nel cuore del paese, come simbolo tangibile della nostra identità di comunità di frontiera: una comunità di confine, tra commerci, scontri e incontri. Ma ci teniamo a dirlo: vogliamo liberare questo simbolo da qualsiasi idea di marginalità. Ruscio non è terra marginale, tutt’altro. È una terra di storia, di fatica e di produzione.
Qui si è fatta agricoltura e pastorizia, si sono lavorati il ferro e estratta la lignite, si sono coltivati i campi, si sono accesi i fuochi delle carbonaie.

Oggi, Ruscio è il luogo dove nasce l’unico cereale DOP d’Europa: il nostro farro, che insieme alle lenticchie rappresenta una produzione di altissima qualità. E sarà ancora un luogo in cui si potrà vivere, produrre, restare. Per mantenere viva questa memoria – non per nutrire una sterile nostalgia, ma per radicarci consapevolmente nel nostro passato – la Pro Ruscio pubblica da 34 anni il quadrimestrale La Barrozza e la collana I Quaderni di Ruscio, giunta alla sua quattordicesima edizione.

Raccontiamo così la “piccola grande storia” del nostro territorio, mantenendo un filo diretto tra il paese e i Rusciari, ovunque si trovino.

Il territorio di Ruscio

Ci parleresti del nuovo Ostello 499 sul Cammino di San Benedetto?

L’Ostello 499 è molto più di una struttura ricettiva: è un progetto che incarna la volontà della nostra comunità di restare viva, accogliente e aperta al futuro. Si trova lungo il Cammino di San Benedetto, che attraversa il nostro territorio, e rappresenta un punto di sosta prezioso per i pellegrini e per tutti i viaggiatori che scelgono un turismo lento, consapevole, rispettoso dei luoghi.

Il nome “499” si ispira al numero inciso su uno dei cippi di confine preunitari tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie, restaurato dalla nostra associazione e oggi collocato al centro del paese. Quel numero è diventato un simbolo identitario: legarvi l’ostello è stato un modo per raccontare la nostra storia e farla dialogare con chi arriva da fuori. Realizzare l’ostello è stato uno sforzo importante. La Pro Ruscio, con grande determinazione e con il sostegno della comunità, ha acquistato e ristrutturato un edificio dismesso, restituendogli una funzione pubblica, viva e utile. Non parliamo di un semplice intervento edilizio: è stato un vero investimento culturale, economico e sociale. Abbiamo voluto creare un luogo accogliente ma essenziale, funzionale ma carico di significato, dove le persone possano trovare non solo un letto, ma anche un contesto, un racconto, una connessione autentica con il territorio.

L’ostello è dotato di 7 posti letto confortevoli, piccoli spazi comuni per il ristoro e la condivisione ed è pensato per essere accessibile e inclusivo. Può accogliere camminatori singoli, piccoli gruppi, famiglie o anche semplici turisti curiosi. Ma, soprattutto, è diventato un presidio culturale: un punto di incontro tra chi arriva e chi resta, tra memoria e futuro.
Il turismo lento rappresenta per noi un’opportunità concreta. Non solo porta persone nei nostri luoghi, ma porta attenzione, ascolto, economia diffusa. In un momento in cui molti piccoli borghi rischiano di svuotarsi, l’arrivo anche solo di pochi camminatori può generare nuove connessioni, valorizzare prodotti locali, risvegliare reti sociali. Con l’Ostello 499 vogliamo dire, con forza, che Ruscio c’è. Che i piccoli paesi hanno ancora molto da offrire, se messi in condizione di vivere, e non solo di essere ricordati. E che con impegno, visione e amore per il proprio territorio, anche le comunità più piccole possono costruire futuro.

Ostello 499

Che tipo di viaggiatori arrivano a Ruscio oggi? Che relazione instaurate con loro?

A Ruscio arrivano soprattutto viaggiatori attenti, curiosi, in cerca di autenticità. Persone che non hanno fretta, che non cercano l’esperienza confezionata, ma il silenzio dei sentieri, la verità dei paesaggi, l’incontro con le comunità. Molti di loro sono pellegrini che percorrono il Cammino di San Benedetto, altri sono camminatori esperti, turisti responsabili, famiglie o giovani che scelgono di uscire dalle rotte più battute per scoprire luoghi veri, ancora umani.

Quello che ci colpisce sempre è la qualità dello scambio che si crea. Non è mai una visita mordi e fuggi: chi arriva a Ruscio spesso si ferma, osserva, fa domande, ascolta e racconta. E noi cerchiamo di accogliere con la stessa autenticità. Offriamo ospitalità, certo, ma anche storie, memoria, calore umano. Si crea spesso un dialogo che va oltre il viaggio: nascono relazioni, ritorni, corrispondenze.
Grazie all’Ostello 499 e alle attività della Pro Ruscio, abbiamo uno spazio concreto dove questo scambio può avvenire. Molti viaggiatori rimangono colpiti dal nostro impegno come comunità: dal restauro del cippo 499, al recupero degli spazi comuni, alle pubblicazioni che  raccontano la nostra storia. Per loro Ruscio diventa un piccolo esempio di resistenza e rinascita.

In fondo, ogni incontro è un’occasione per raccontare chi siamo. E ogni viaggiatore che passa da qui porta via con sé un pezzo di Ruscio, e spesso ne lascia uno suo. È questo, crediamo, il senso più profondo del turismo lento: non il consumo del luogo ma la costruzione di un legame.

Qual è il legame tra Ruscio e il territorio che lo circonda, tra natura, cammini e comunità vicine? State lavorando anche a nuove sinergie?

Il legame tra Ruscio e il territorio che lo circonda è fortissimo. Siamo immersi in un paesaggio appenninico di grande bellezza, fatto di boschi, pascoli, corsi d’acqua e sentieri antichi. Un ambiente naturale che non è mai stato solo sfondo, ma parte viva della nostra identità. Qui la natura ha sempre dialogato con l’uomo: dai lavori nei campi alla pastorizia, dalle carbonaie alle miniere, fino all’agricoltura di qualità che ancora oggi portiamo avanti con orgoglio, come nel caso del nostro farro DOP. Ruscio non è un’isola. È parte di una rete di piccoli borghi, frazioni e comunità che condividono sfide, risorse e speranze. Il Cammino di San Benedetto è un filo che unisce tutto questo: collega luoghi e persone, e ci ricorda che apparteniamo a un territorio più ampio, fatto di paesi che resistono e si reinventano. In questo senso stiamo lavorando molto per costruire nuove sinergie.

Collaboriamo con le comunità vicine, partendo proprio dai borghi del comune di Monteleone di Spoleto e ci stiamo avvicinando ad altre realtà associative del Terzo Settore con cui siamo certi che potremo condividere progetti culturali e iniziative legate al turismo lento. Stiamo cercando di rafforzare il coordinamento tra piccole realtà del comprensorio per valorizzare insieme i cammini, l’accoglienza diffusa, i prodotti locali, l’offerta culturale. È una sfida importante: nessun piccolo paese può farcela da solo. Ma insieme possiamo creare un tessuto capace di trattenere persone, attrarre visitatori e restituire senso ai luoghi. Il nostro sogno è che Ruscio, e tanti borghi come il nostro, non vengano più considerati “marginali”, ma centrali in un nuovo modo di abitare e scoprire il territorio. Lavoriamo ogni giorno perché questo accada. Con i piedi ben piantati nella nostra terra, ma con lo
sguardo aperto al cammino.

Parco del Fiume Corno

Cosa porterete alla tappa IT.A.CÀ Valnerina e Valle Spoletana 2025? E che significato ha per voi partecipare a un festival dedicato al turismo responsabile?

Partecipare a IT.A.CÀ, uno dei più importanti festival italiani dedicati al turismo responsabile e sostenibile, è per noi un grande onore e una preziosa occasione di confronto e crescita. Per la tappa Valnerina e Valle Spoletana 2025, porteremo Ruscio: la nostra storia, la nostra memoria, le nostre storie di comunità che resistono e si rinnovano.

Presenteremo l’Ostello 499 e il progetto di turismo lento che stiamo costruendo lungo il Cammino di San Benedetto, mettendo in luce l’importanza di recuperare spazi abbandonati per restituirli alla vita e all’accoglienza. Porteremo anche le nostre pubblicazioni, come il quadrimestrale “La Barrozza” e i “Quaderni di Ruscio”, che raccontano le piccole grandi storie del territorio e il legame profondo con la natura e le tradizioni. Per noi, IT.A.CÀ non è solo un evento, ma una conferma di quanto il turismo possa essere uno strumento di rigenerazione culturale, sociale ed economica per territori come il nostro.
Il festival ci offre la possibilità di far conoscere Ruscio a un pubblico più ampio e, soprattutto, di tessere reti con altre realtà che, come noi, credono che il turismo responsabile sia una strada concreta per far rivivere i piccoli borghi e valorizzare i territori minori.

Ringraziamo Francesco Peroni per averci raccontato la storia di Ruscio e la sua ProLoco: tra memoria, legami e visioni di futuro, Ruscio racconta la forza dei piccoli paesi che non si arrendono. Sarà l’occasione per condividere questa esperienza con altri territori e viaggiatori, dimostrando che il turismo lento e responsabile non è solo una scelta di viaggio, ma una possibilità concreta di rinascita per le comunità.

Blog IT.A.CÀ
Sara Stellacci
Comunicazione IT.A.CÀ Festival
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