La misteriosa Civiltà dei Nuraghi: viaggio nell’archeologia sarda

Durante la tappa di IT.A.CÀ Ogliastra avremo il piacere di presentare in anteprima nazionale il documentario “La misteriosa Civiltà dei Nuraghi” prodotto da Gedeon Programmes e ARTE in collaborazione con l’Inrap; un lavoro unico che getta nuova luce su una delle culture più affascinanti e ancora poco conosciute del Mediterraneo.

L’evento si terrà sabato 20 settembre alle ore 20:30 presso il suggestivo Santuario nuragico di S’Arcu ‘e is Forros a Villagrande Strisaili, che per una sera si trasformerà in un vero e proprio cinema all’aperto, tra pietre millenarie e cieli stellati. La proiezione sarà accompagnata da una visita guidata al sito e da un aperitivo conviviale.

Abbiamo intervistato Michela Guberti, documentarista appassionata di archeologia, che ci ha raccontato la genesi del progetto, le collaborazioni preziose che l’hanno reso possibile e il significato di portare questo lavoro proprio in Ogliastra, all’interno del Festival IT.A.CÀ.

Michela Guberti

Ciao Michela, che piacere presentare il tuo documentare durante la Tappa IT.A.CÀ Ogliastra. Come è nata l’idea di realizzare un documentario sulla civiltà nuragica?

L’idea del documentario è nata in questo caso da un’intuizione del produttore, Stephane Milliere, presidente della francese Gedeon programmes e grande appassionato di archeologia, che vanta un’esperienza ultra-trentennale nell’ambito del documentario. Si è accorto di un totale vuoto di conoscenza sulla Sardegna nuragica sul mercato internazionale e mi ha chiesto di avviare una serie di ricerche per provare a strutturare un progetto

All’inizio non è stato facile. Non avevo molti contatti in Sardegna ho incontrato all’inizio alcune chiusure e difficoltà. Poi ho conosciuto a Roma Fulvia Lo Schiavo – un’istituzione negli studi nuragici! Fulvia ha creduto nel progetto e all’improvviso tutto ha preso il via, un tassello dopo l’altro. Fulvia è una studiosa impagabile. E’ stata soprintendente archeologica in Sardegna per quasi 40 anni e, se la ricerca archeologica in ambito nuragico è finalmente decollata, lo si deve in gran parte anche alla sua azione politica, oltre che scientifica. Fulvia mi ha presentato Mauro Perra, che nel corso della lavorazione del film è stato sempre raggiungibile e disponibile, chiarendo ogni dubbio mio e dei colleghi francesi. Poi, a seguire, tutti i preziosi studiosi e ricercatori che vediamo nel film. Persone preparatissime e appassionate, che  battono ogni giorno per portare avanti il loro lavoro tra mille difficoltà.

Grazie a loro per me si è aperto un mondo di conoscenza incredibile, che mi ha mostrato quanto poco ancora sappiamo anche in Italia della civiltà nuragica. Anche una documentarista appassionata di archeologia come me.   

Restauro di un frammento di statua di Mont’e Prama

Nel frattempo, in Francia, Stephane completava la squadra di autori, contattava l’ottimo regista, Thomas Marlier, otteneva il supporto dell’INRAP (istituto francese di ricerche archeologiche preventive) che gli ha presentato l’archeologa franco-sarda, Isabelle Catteddu grande sostenitrice del film.E, soprattutto, chiudeva un contratto con il canale franco/tedesco ARTE – il nostro principale committente, senza il quale il film non esisterebbe.

Va detto che, ad oggi, questo film è il lavoro più completo e aggiornato mai realizzato sulla civiltà nuragica. L’unica nota dolente è che, purtroppo, non siamo stati affiancati da un partner televisivo  italiano che abbia creduto ugualmente nel progetto, dandogli la giusta collocazione. La versione italiana è arrivata soltanto a un anno dall’uscita del film in Francia e sulle nostre televisioni il film si è visto finora solo nella versione internazionale da 52’, ulteriormente tagliata e inserito da Raistoria all’interno di un programma da studio.

Il Nuraghe Arrubiu a Orroli. Foto di Gedeon Programmes

Durante la tappa IT.A.CÀ si parlerà di turismo culturale e sostenibile: come immagini il ruolo della civiltà nuragica in un turismo che custodisce e non consuma i territori?

I siti archeologici nuragici sono moltissimi, sparsi per tutto il territorio sardo e offrono una grande varietà: tra nuraghi veri e propri, tombe, fonti e pozzi sacri, santuari, senza dimenticare i molti musei che ne raccolgono i reperti. I siti nuragici sono quasi sempre in luoghi spettacolari sul piano paesaggistico e stupiscono per le loro architetture complesse, incredibili per l’epoca. Alcuni sorgono nelle pianure centrali e sono raggiungibili da chiunque. Altri invece in luoghi impervi, di difficile accesso, e si prestano ad essere visitati da escursionisti esperti, con il gusto della scoperta. Quasi tutti, però, si trovano nell’interno dell’isola e non lungo la costa battuta dal turismo di massa. Se opportunamente comunicati, possono costituire un’importante alternativa turistica, per visitatori più motivati e consapevoli.

Che significato ha per te presentare il documentario in anteprima nazionale proprio nel sito di S’Arcu ‘e is Forros, un luogo intriso di storia millenaria?

Il sito di S’arcu e is Forros è importantissimo per l’archeologia nuragica e, insieme alla dottoressa Gianfranca Salis, che lo ha studiato a lungo, lo avevamo inserito nella primissima stesura del film, nel capitolo sulla metallurgia. La ragione della sua esclusione alla fine è stata semplicemente che, nell’anno delle nostre riprese, non vi si svolgevano scavi e il committente ce lo avrebbe fatto banalmente tagliare. Ci è dispiaciuto molto rinunciarvi e il fatto che il film sia presentato qui è in qualche modo una consolazione e un risarcimento. Ci fa molto piacere.

Shooting a Su Tempiesu di Orune. Foto di Michela Guberti

Il tema del festival di quest’anno è “Custodire il futuro. Dalle scelte di oggi il volto di domani”. Quali insegnamenti possiamo trarre dalla civiltà nuragica per costruire un futuro più consapevole e sostenibile?

La civiltà nuragica è durata per oltre mille anni. Come si evince dal film, lo ha fatto sviluppando contatti e relazioni con altri popoli e culture, adattando alle proprie esigenze le conoscenze che ne traeva. Fino ad arrivare, al suo epilogo, a fondersi con un’altra civiltà, quella fenicia, che insieme alla scrittura portò sull’isola un sistema socio-culturale più efficiente per quell’epoca. In tutti questi anni di ricerche gli archeologi non hanno mai individuato nessuna traccia di guerra o di scontri violenti nella storia nuragica.

Ci piace pensare che l’età nuragica, in Sardegna, sia stata davvero una lunga epoca di pace. Sono convinta che il futuro si custodisca costruendolo insieme, aprendosi agli altri e al cambiamento, concedendoci la possibilità di rivedere i nostri modelli di vita quando essi non sono più sostenibili. Chiusura, rigidità e isolamento non hanno mai salvato nessuno. E non salveranno di certo il nostro pianeta!

C’è un momento particolare o un incontro vissuto durante la realizzazione del documentario che ti ha colpito e che vorresti condividere?

Non mi viene in mente un momento in particolare, ma una lunga lista di luoghi e persone stimolanti e indimenticabili. (Oltre che di specialità e cibi tradizionali della cucina sarda, che apprezzo moltissimo, assaggiati durante le riprese). Mi ricordo bene, però, la sorpresa – durante il primo sopralluogo svolto sul campo, insieme alla collega, l’autrice francese Marie Thiry – di incontrare una grande nevicata sulla strada per il Santu Antine. Era gennaio e già eravamo rimaste sorprese dai paesaggi dal sapore quasi scozzese incontrati nell’interno, sugli altipiani. Ma quella del nuraghe Santu Antine sotto la neve è un’immagine che non dimenticherò.

Ricostruzione 3D del Nuraghe Santu Antine di Hubert Naudeix – Aristeas/Gedeon Programmes

Dopo questo documentario, pensi di continuare a lavorare su progetti legati alla Sardegna o al Mediterraneo?

Mi piacerebbe molto, certo. Ci sarebbero ancora tante storie da raccontare! Ma il mercato in Italia non è molto ricettivo verso progetti di questo tipo, non avendo creato nel nostro paese una cultura del documentario nel pubblico. Ma spero che, grazie ai nuovi supporti mediatici, possano aprirsi nuove occasioni.

La testimonianza di Michela, che ringraziamo molto,  ci restituisce non solo la complessità e la bellezza della civiltà nuragica, ma anche un insegnamento prezioso: il futuro si custodisce coltivando relazioni, apertura e capacità di adattamento. 

L’appuntamento del 20 settembre a Villagrande Strisaili sarà quindi non solo un’anteprima regionale, ma anche un invito a riscoprire la Sardegna da una prospettiva nuova: quella di un turismo culturale che custodisce i territori e li racconta con rispetto.

Blog IT.A.CÀ
Sara Stellacci
Comunicazione IT.A.CÀ Festival
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