La scuola si apre al mondo: la didattica in viaggio

Nella nostra storia culturale il viaggio rappresenta una potente metafora di cambiamento e di rinnovamento. Dai primi viaggiatori di cui la tradizione ci abbia lasciato testimonianza scritta, fino ai giorni nostri, scorre un filo denso di richiami letterari e avventura che materializza nel viaggio il bisogno di incontro, sfida, conoscenza e ritrovamento di senso, da sempre presenti nell’animo umano. I grandi protagonisti di viaggi come Ulisse, Marco Polo e gli altri navigatori, incarnano appunto l’antico mito dell’eroe, indomito e sofferto, proteso al superamento del quotidiano, di ciò che è già noto, per conquistare una più piena consapevolezza di sé e una nuova immagine del mondo.

Utilizzato in un contesto didattico, il viaggio mantiene questo valore iniziatico e fortemente euristico che ripercorre tutta la gamma delle motivazioni contemplate dai viaggiatori storici, quali: acquisizione di conoscenze; ricerca di cambiamento; rottura con il quotidiano e con la routine; senso dell’avventura e del rischio; capacità di sapersi gestire in situazioni ignote; incontro con l’altro; rafforzamento dell’identità, individuale, culturale, sociale.

In particolare, il viaggio di istruzione può essere definito come un processo formativo che agisce sullo sviluppo intellettivo e psicologico, con riferimento a tre macro-ambiti: quello dell’identità personale (senso di appartenenza, visione dell’altro e del sé), quello della costruzione della conoscenza (nuovi saperi, culture “altre”, ridefinizione delle mappe cognitive, interconnessioni con il curricolo esplicito o implicito) e, infine, quello legato alla definizione del comportamento (modi di essere, valori, relazioni, confronti e contrasti). Per questi motivi è stata inserito nel calendario scolastico considerato come un’iniziativa complementare delle attività curriculari della scuola durante la quale gli studenti hanno la possibilità di misurarsi con l’esterno e accrescere il proprio patrimonio culturale. Non sembra pensarla così invece quella fetta, purtroppo oggi crescente, di insegnanti di scuole secondarie che si rifiutano di accompagnare le classi in queste importanti esperienze formative.
Oggi per gli studenti la gita d’istruzione è uno dei momenti scolastici preferiti che attendono con trepidazione durante l’anno perchè viene vista come un momento di libertà, durante la quale potersi divertire e dar libero sfogo alle proprie pulsioni. Ma se questi non vedono l’ora di trascorrere qualche giorno lontano da casa, senza il controllo dei genitori, lo stesso non vale per i professori che accompagnano gli studenti e che devono “vegliare” su di loro.
Se il viaggio di istruzione si pone, invece, su un itinerario ben strutturato di programmazione didattica e fa leva su motivazioni autentiche di curiosità e scoperta, le implicazioni formative sono tante e possono essere: formazione interculturale, superamento degli stereotipi, approccio interdisciplinare, consapevolezza di sé, consapevolezza della storia, senso di partecipazione al mondo, maggior comprensione dei problemi internazionali, educazione alla pace, formazione etica, formazione estetica…

Berlino – Foto di Sonia Bregoli

Tuttavia simili potenzialità vengono spesso vanificate dalla grave esposizione delle scuole a variabili soggettive quali la maggiore o minore creatività progettuale del docente referente, l’inadeguatezza e la ripetitività delle proposte, il limitato coinvolgimento degli studenti, veri protagonisti dell’iniziativa. Il turismo scolastico è entrato in crisi da diversi anni e vi è la necessità urgente di rimetterlo al centro di un importante processo di rivalutazione, finalizzato al ripristino della sua vera missione: essere per lo studente una preziosa fonte di apprendimento e di sviluppo della personalità. Nella stagione della globalizzazione la scuola è chiamata a sviluppare la capacità di mettersi in relazione con il mondo e con le differenti culture che in esso convivono. Per questo oggi più che mai anche i viaggi di istruzione devono iniziare ad ispirarsi ai principi del turismo sostenibile e responsabile, un turismo che rispetta e protegge i luoghi visitati e che valorizza un rapporto con le comunità locali.

Due ingredienti semplici ma che spesso sono stati assenti nelle gite scolastiche finora organizzate, nelle quali i nostri ragazzi si muovono in gruppi enormi, tutti nello stesso periodo (in primavera), quasi sempre nelle stesse località e comunicando solo tra di loro in discorsi autoreferenziali.
Molte associazioni, infatti, come ad esempio il Cospe promuovono laboratori di approfondimento in classe proprio con l’obiettivo di presentare e suggerire al mondo della scuola la sfida della didattica al di fuori dell’aula e trasformare il viaggio di istruzione in un modello pluridisciplinare di apprendimento affinchè le varie discipline imparate a scuola possono trovare durante il viaggio applicazione e conferma. La gita scolastica non può essere interpretata come sottrazione di tempo prezioso ai danni del programma di studi, ma va utilizzata come una delle tante modalità di apprendimento a patto che ci sia un’accurata preparazione prima ed un’elaborata documentazione dopo. Il viaggio dunque visto di nuovo come avventura formativa, da inserire nella programmazione scolastica già a maggio, insieme ai libri di testo. È evidente che la programmazione del viaggio è tanto più produttiva quanto più è precoce. Sapere che un istituto decide dei programmi di viaggio e ne fa un punto di riferimento culturale permette di evitare la casualità e l’estemporaneità, mettendo insegnanti e studenti in condizione di avere una fase di preparazione e rendendo anche le famiglie più consapevoli delle opportunità offerte dalla scuola.
L’esperienza del viaggio dunque si innesta a pieno titolo nel curricolo della scuola, diventandone un segmento importante. Anzi è essa stessa curricolo, si affaccia direttamente sul balcone degli apprendimenti, instaurando legami molteplici e spingendo a un ripensamento delle mappe disciplinari.

Una scuola che voglia inscrivere la dimensione formativa del viaggio nel proprio progetto formativo può ricorrere a svariate soluzioni: farne un’area di progetto, declinare un apposito spazio progettuale entro la quota di curricolo locale, intraprendere progetti di scambio europei, ritagliare appositi spazi di approfondimento nell’ambito della didattica disciplinare o di percorsi trasversali impostati in sede di programmazione.
Il turismo scolastico, dunque, non solo in quanto gita o visita guidata, ma anche fatto di modalità minoritarie ma più originali. E’ il caso particolare dello scambio di classi con Paesi dell’Europa o meglio l’avvio di partenariati didattici con Paesi del sud del mondo. I partenariati didattici sono veri e propri progetti educativi durante i quali gli studenti hanno l’opportunità di conoscere e entrare in contatto con coetani di Paesi che non avrebbero altrimenti la possibilità di conoscere. Territori “distanti” non solo a livello geografico ma anche economico, sociale e culturale, si trovano così a dialogare su questioni che li accomunano, scambiando stimoli e confrontando soluzioni alle problematiche comuni.

Il turismo che sconfigge le mafie
Seminario realizzato presso l’Istituto Manfredi Tanari di Bologna il 24 maggio 2011 nell’ambito della III Edizione di  IT.A.CÁ.

Samanta Musarò
Responsabile settore scuole COSPE 

 

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