Cosa sono i Piccoli Comuni del Welcome? | Intervista a Angelo Moretti

Care amici viaggiatori e amiche viaggiatrici

alle soglie della tappa bolognese del festival (programma dal 24 maggio in poi), andiamo a scoprire una realtà molto interessante, che ha trasformato i punti critici dei paesi al di sotto di cinquemila abitanti in risorse per valorizzare il territorio, preservarlo dall’abbandono e promuovere la riscoperta di luoghi storici. Un movimento dal basso molto inerente al tema nazionale del festival per questa edizione: restanza.  Stiamo parlando della rete dei “Piccoli Comuni del Welcome” e, per l’occasione, intervistiamo Angelo Moretti, Referente della rete. 

In cosa consiste l’iniziativa di “Piccoli Comuni del Welcome” e come è nata l’idea?

In viaggio verso l'accoglienza

Il Camper del Welcome

Nasce per stanare un gap informativo nei piccoli comuni del Sannio. Apparentemente tutti i piccoli comuni della provincia di Benevento erano contrari all’accoglienza dei migranti. Le amministrazioni comunali sentivano forte l’avversità dei cittadini ai centri di accoglienza e per questo sentimento contrario ai CAS ( i centri di accoglienza straordinaria che hanno occupato tanto spazio fisico ed immaginario ) si era ingenerata una gran confusione tra valore dell’accoglienza e pratica dell’accoglienza. In tutta la provincia di Benevento, colpita da anni di crisi economica, disoccupazione giovanile, spopolamento, abbandono di terre e di case, i Comuni rifiutavano ingenti finanziamenti per lo sviluppo locale, quali potevano essere gli Sprar, i sistemi comunali di accoglienza di richiedenti asilo. Eravamo insomma in un paradosso: comuni morenti per mancanza di abitanti e di economie rifiutavano nuove economie e nuovi abitanti in virtù di una paura apparentemente inspiegabile. 

L’unica vera spiegazione era il misunderstanding: i Cas stavano funzionando in tutta la provincia come enti assistenziali e speculativi, avevano occupato immobili abbandonati persi nelle campagne , avevano messo insieme 50, 100 ragazzi in grandi casermoni, nessuno di questi ragazzi poteva lavorare nelle comunità perché lasciati soli nelle loro giornate. Si era ingenerata nei paesi la convinzione che l’accoglienza italiana fosse un’esperienza disastrosa ed insignificante per i territori. In molti casi i migranti accolto nei CAS si accontentavano di pagamenti a giornata in agricoltura che aumentavano notevolmente il dumping sociale a sfavore sia delle popolazioni autoctone che ormai potevano dimenticarsi il lavoro a giornata in agricoltura sia di altri migranti già stanziali. Chi viveva nei CAS con vitto, alloggio e pocket money poteva accontentarsi anche di 10,15 euro giornaliere nel campi contro i 55 previsto per legge.

Quando abbiamo avviato la campagna abbiamo subito intuito che il gap era lì: i comuni non conoscevano nè gli Sprar nè il Reddito di Inclusione nè il Budget di Salute. I sistemi di welfare più innovativi non informavano le agende politiche di piccole comunità sotto i 5 mila abitanti dell’entroterra campano, non erano solo i sistemi di accoglienza “ordinari” ad essere conosciuto , ma tutto il welfare era confuso.

Di fronte alla rabbia degli ultimi dimenticati della globalizzazione, le popolazioni dei comuni interni di Italia, nessuno li aiutava a connettere master plan di sviluppo locale con il welfare. Decidemmo allora con la Caritas Diocesana di lanciare un bando pubblico di 7 milIardi di euro (la somma dei budget di salute, dei fondi Sprar non utilizzati, del Reddito di Inclusione e del Piano di Sviluppo Rurale) ai piccoli comuni.  un’ottica di sviluppo locale. Iniziammo così a girare comune per comune ed alla fine raccogliemmo in pochi mesi un enorme risultato.

Benevento a maggio 2017 risultó nella graduatoria degli Sprar la prima provincia “Welcome” di Italia, con 14 nuovi Sprar approvati, a fronte dei 5 che erano attivi prima della campagna. Nel frattempo l’utilizzo dei budget di salute facevano sorgere qua e là nella provincia Alberghi Diffusi e Fattorie Sociali ad opera di ragazzi disabili liberati dalla strettoia delle cliniche e dei centri riabilitativi in cui erano stati relegati. Ed ancora: i detenuti dei territori scontavano la loro pena in misura alternativa bei luoghi che poi presero il nome di Piccoli Comuni del Welcome. Insomma la rivoluzione del Welcome era avviata e portava cambiamenti notevoli nei territori. Oltre 4 milioni di euro di progetti vinti, nuovi abitanti, nuovi lavoratori , nuove economie nell’agricoltura, nell’artigianato, nel turismo.

Come può l’integrazione culturale tra migranti e locali contrastare il progressivo decadimento dei piccoli comuni? Quali sono le iniziative che si possono attuare grazie all’utilizzo della rete? 

I migranti sono per lo più persone giovani e famiglie con bambini . Non sono “risorse” come strumentalmente la vulgata, anche dei “buonisti”, vuole affermare, sono energia vitale. Nel 70% dell’Italia, quella formata da quei comuni sotto i 5 mila abitanti che vanno via via spegnendosi, non mancano le risorse mancano le energie per attivarle.

Gli anziani hanno già messo remi in barca e sanno che i loro figli e nipoti non abiteranno più quelle terre, i giovani italiani dell’entroterra hanno tutti un progetto migratorio. Mettere insieme quest’isola di energie stanche con le energie straordinarie di chi ha attraversato mare e deserti per arrivare dove è, è un’occasione unica. Se ben orientate, queste energie possono essere determinanti. Sognare che una terra incolta torni ad essere produttiva significa avere un sogno di “restare” in quella terra.

Ciò che abbiamo sperimentato è che giovani italiani e giovani africani ed asiatici potevano sognare insieme. Abbiamo fatto nascere le cooperative di comunità come forma di integrazione tra migranti ed autoctoni in una idea di impresa locale finalizzata al riabitate ed al riusare le terre e le tradizioni, per rigenerare i luoghi. Abbiamo messo insieme vere e proprie filiere produttive di vino, olio, conserve, artigianato tessile ed in legno. Abbiamo elaborato pacchetti turistici nei Borghi del Welcome. Abbiamo rilevato un’antica pasticceria ed un bistrot nel pieno centro storico di Benevento.

Oggi oltre 220 persone lavorano con noi , tra questi ci sono contadini, barman, artigiani, chef , mediatori culturali, operatori sociosanitari che prima erano nostri utenti ed oggi sono soci e collaboratori.

In che modo la rete dei Piccoli Comuni del Welcome intende proteggere i territori, dal punto di vista della valorizzazione del patrimonio storico e della conservazione ecologica?

In Primis valorizzando i luoghi che rischiano di essere dimenticati perché non produttivi . Inoltre la più grande attesa della Rete dei Piccoli Comuni del Welcome. È far riscoprire l’attrattività di luoghi dimenticati. Nei nostri piccoli comuni un paesaggio, una casa di campagna , un panorama , una vecchia Fontana, ma anche un racconto orale , un metodo di lavoro della pasta fresca e dell’uncinetto, possono essere all’improvviso degli importanti asset per questa nuova attrattività, sia per chi resta sia per chi arriva.

Quali aspetti della salvaguardia dei piccoli territori che valorizzerete durante gli eventi di IT.A.CÀ 2019 e cosa vi aspettate dal contatto con altri comuni nel corso del festival?

Nessuno si salva da solo. I piccoli comuni del Welcome hanno futuro solo se creano reti positive e virtuose con altri territori ed altre reti. Da IT.A.CÀ 2019 ci aspettiamo di poter stringere nuove reti per la valorizzazione della nostra piccola esperienza di rigenerazione rurale in una visione più ampia di Italia!

Quindi non resta che invitarvi all’appuntamento che li vede protagonisti nel nostro festival per conoscere da vicino questo importante movimento – il 31 maggio a Marzabotto dalle h10.00 in poi presso il Parco Peppino Impastato > link evento.

Vi aspettiamo 🙂

Blog IT.A.CÀ
Arianna Piazzi

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