Cicloturista Partigiano | di bici e di storie

Oggi, in attesa dell’inizio del festival IT.A.CÀ (22 maggio / 7 giugno 2015), per la rubrica “In viaggio verso IT.A.CÀ” la nostra Luna Galeotti ha intervistato Giulia Bondi creatrice e blogger di Cicloturista Partigiano.

Com’è nato Cicloturista Partigiano?

Cicloturista Partigiano nasce da un diario di viaggio e da unalunga lettera di oltre 70 anni fa, che inizia così: “Estate del ’39: inizio di una nuova era per il ciclismo! Ai primidi luglio (a 18 anni e ½), io comprai la ciclo da corsa e feci la prima gita di lunghezza… inaudita: alla Fignola (140 km).”

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La lettera e il diario li scrisse, parecchi anni fa, mio nonno.
Lui poi sarebbe diventato partigiano, sindacalista, parlamentare e per poche settimane anche ministro. Un nonno impegnato, spesso assente, che però fin da piccola mi portava con sé a camminare in Appennino, in lunghe passeggiate silenziose sul crinale, tra i colori e i profumi della montagna.

All’epoca del diario e dei viaggi era solo un ragazzo, che amava pedalare e camminare, e che nel giro di pochi anni sarebbe cresciuto in fretta, come tanti della sua generazione.

Nel 2014, 75 anni dopo l’acquisto di quella prima “ciclo da corsa”, il mio compagno e io abbiamo deciso di provare a ripercorrere le sue tracce e trasformare quei viaggi in un nuovo racconto, fermandoci a osservare quanto fossero cambiati quei luoghi, cercando segni di memoria della guerra e della Resistenza e ascoltando le storie delle persone incontrate nel cammino.

Ermanno e il suo amico Oddo cominciano il loro primo giro nell’estate 1939– tra lo scetticismo dei compagni e di don Marino, il loro educatore spirituale, da Fiumalbo, vicino al passo dell’Abetone, tra Emilia e Toscana. Toccheranno Livorno, La Spezia e Genova prima di rientrare a Modena. Sarà il primo di cinque viaggi tra Appennini, Italia centrale e Dolomiti, tutti documentati in un album-diario, che raccoglie cartoline inviate alla madre, minuscole foto in bianco e nero e precisissime cartine disegnate a mano, naturalmente affiancate dai grafici delle altimetrie.

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Seguendo quelle cartine e arrancando con i rapporti piccoli tra i passi alpini e appenninici rigorosamente segnati nei grafici altimetrici, è iniziato anche il nostro viaggio. Nell’agosto dello scorso anno abbiamo percorso 750 chilometri, con oltre 17mila metri di dislivello, partendo da Vicenza e arrivando a Brescia attraverso l’Altopiano di Asiago e le Dolomiti, scalando il passo ‪‎Rolle, il Pordoi, lo Stelvio, il Gavia e molti altri, e fermandoci a fotografare gli stessi luoghi ritratti da Ermanno nel suo album-diario.

Poi, a ottobre, abbiamo proseguito per gli Appennini, chiedendo ospitalità ad amici, conoscenti, parrocchie e ostelli del pellegrino. Abbiamo scalato per primo il passo dell’Abetone, l’inizio delle avventure di Ermanno e Oddo, attraversando poi parte della Toscana, delle Marche e della Romagna. Abbiamo chiacchierato con anziani sopravvissuti agli eccidi nazifascisti dell’estate 1944, e ritrovato l’itinerario di Garibaldi in fuga dalla Repubblica Romana, nel 1849. Ci siamo fermati in altri luoghi di memoria del Novecento, dall’Archivio dei Diari di Pieve Santo Stefano al Museo dell’Emigrante della Repubblica di San Marino. A Barbiana e San Donato di Calenzano abbiamo incontrato gli allievi della scuola popolare di don Lorenzo Milani. E anche nel corso dell’inverno, in alcuni microviaggi meno lontani da casa, abbiamo continuato a cercare storie di Resistenza e resistenze.

Il primo di giugno, tra pochi giorni ormai, dovremmo partire per la prossima puntata, ripercorrendo i sentieri partigiani del Piemonte e della Liguria narrati da Beppe Fenoglio, Nuto Revelli e Italo Calvino, e anche per settembre stiamo studiando un nuovo viaggio sulle tracce di un partigiano ravennate che entrò nel movimento di Liberazione proprio con un lungo viaggio in bicicletta insieme ad altri compagni.

Nato da una storia familiare, Cicloturista Partigiano ora sta crescendo per trasformarsi in una serie di itinerari che poi speriamo di poter raccontare e pubblicare in modo da renderli ripercorribili anche da altri, da chiunque vorrà continuare a seguirci perché ama la bicicletta e la storia.

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Qual è secondo te la filosofia nel viaggiare in bici?

Nei viaggi fatti in questi anni, non solo in Italia ma sul Cammino di Santiago, sul Danubio serbo, sulle coste della Grecia e dell’Albania,  e anche nei piccoli giri di poche ore, mi sono resa conto che la bici è uno straordinario mediatore culturale. Anche nei paesi e nelle situazioni dove, da viaggiatori occidentali, si potrebbe essere percepiti come ufo o “bancomat ambulanti” se si viaggia anche solo in automobile, la bici ti rende immediatamente simpatico, quasi un picchiatello, o una persona che può avere bisogno di aiuto. La bicicletta attira le storie, ed è soprattutto per questo che la amo. Oltre cheper quello che dice il mio compagno: “dai finestrini della macchina vedi il paesaggio come in un film. In bici sei il protagonista di quel film”.

Quanto è importante secondo te che anche i giovani d’oggi conoscano questo tipo di esperienza?

La bici ti fa riscoprire la fatica, l’importanza e il piacere delle cose semplici, il valore delle distanze.
Ti fa viaggiare nel tempo, perché, nounnamed (2)nostante tutte le tecnologie con cui viaggiamo oggi, sei molto più simile a come vivevano i tuoi nonni, che è poi come si vive oggi in molte parti del mondo. Ti fa viaggiare nel tempo anche in un altro modo, magico: una giornata in bicicletta, o a piedi, vale come una settimana di vita normale. Io ho cominciato a pedalare a 26 anni, ma invidio chi riesce a farloda più giovane e oggi vedo sempre più persone interessate a questo tipo di esperienza. Per quanto riguarda invece gli itinerari storici, credo che la rievocazione, la scoperta personale attraverso l’esperienza diretta, sia un modo davvero unico per comprendere gli avvenimenti del passato. Della memoria della Resistenza a noi non interessa tanto la celebrazione, ma piuttosto l’avvicinarci allo stato d’animo delle migliaia di ragazzi e ragazze, uomini e donne, che seppero, insieme, fare scelte responsabili e rischiose che si rivelarono così importanti per il futuro dell’Italia, e del mondo. Anche per il mondo di oggi credo sarebbe importante riscoprire un po’ di quella semplicità, solidarietà e capacità di collaborazione, e anche la bellezza di una vita più frugale.

Secondo te cosa unisce il vostro blog a IT.A.CÀ

Credo proprio che condividiamo la stessa filosofia: viaggiare lentamente, per scoprire nuovi mondi, per guardare dentro di noi e condividere emozioni e idee con gli altri.

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Conoscevate già il festival? Che valore ha per voi essere amici di IT.A.CÀ?

Avevo sentito parlare del festival anche lo scorso anno, ilnome (bellissimo) mi aveva subito colpito e quest’anno spero proprio di poter partecipare a più eventi possibile!

Buon viaggio…

 

Rubrica “In viaggio verso IT.A.CÀ”
Luna Galeotti

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