T-ERRE Turismo Responsabile incontra IT.A.CÀ

Oggi nel nostro Blog di IT.A.CÀ ospitiamo Andrea Benassi antropologo culturale, formatore ed esperto di viaggio dell’Associazione T-ERRE Turismo Responsabile una realtà che nasce a Faenza all’inizio del 2007, con lo scopo di sviluppare iniziative e progetti promozionali, di viaggio, culturali e formativi nel campo del turismo responsabile.

T-ERRE Ha attivato una rete di collaborazioni e sinergie tra privati, enti, associazioni ed imprese, operanti con i medesimi obiettivi, in primo luogo in Romagna, ma con l’obiettivo di consolidare una rete sempre più ampia, e promuovere una filosofia e modalità di viaggio che concorra a trasformare sempre più nel tempo atteggiamenti e comportamenti di relazione ed approccio nei confronti dei popoli e dei territori visitati.

Il turismo rappresenta, dopo l’industria del petrolio, la principale attività economica nel mondo, proponendosi troppo spesso come fenomeno di consumo, disattento alla sacralità dei luoghi o popolazioni e disinteressato ad uno scambio rispettoso, finendo per confondere folclore con cultura, souvenir con produzione locale, elemosina con sviluppo e lasciando ben poco alle comunità che mettono a disposizione le proprie tradizioni e la propria identità.

Secondo te c’è differenza tra turista e viaggiatore? In che consiste?

No, secondo me di massima non esiste una ‘differenza’ tra turista e viaggiatore. Da sempre si è cercato di tracciare una ‘differenza’ che vedesse negativamente il primo, consegnandogli tutti i difetti e le colpe, mentre assegnava al secondo pregi e virtù. Il viaggiatore già nel passato sarebbe stato colui che arrivava per primo in un luogo, lo ‘scopriva’, poneva una particolare attenzione a rapporti e modalità di viaggio, mentre al ‘turista’ non sarebbe rimasto che ripercorrere le orme e le piste già battute, in modo non creativo, affollando e degradando i luoghi ‘scoperti’ dal viaggiatore.

Purtroppo questa visione risente dell’idea ‘romantica’ del viaggio, nonché di una visione classista, dove il viaggio autentico è esperienza per pochi, mentre il turismo lo sarebbe per la massa come qualcosa di meno vero, inferiore e non autentico. Ci sono stati da sempre esempi di ‘viaggiatori’ poco attenti e responsabili, anche se intenti a frequentare per la prima volta luoghi e popolazioni, come al contrario può esistere un turismo diffuso e non elitario, attento e consapevole, nonché capace di incontrare e collaborare con i luoghi ed in particolare con il ‘senso dei luoghi’ che si costruisce, vivendoli e frequentandoli. La differenza non va cercata tanto tra le parole ‘turista’ o ‘viaggiatore’ quanto nel tempo e nella profondità che si vuole dedicare all’esperienza che si decide di intraprendere. Secondo me si deve superare l’idea di giocare agli ‘esploratori’ pensando all’esperienza del viaggio come un qualcosa di esotico da raccontare una volta tornati a casa, per spingersi verso un esperienza di collaborazione e condivisione con i luoghi e le persone che si andranno ad incontrare. Che quindi saranno lo specchio imprescindibile della nostra narrazione.

*Isola di Seram, Molucche (Indonesia) – Villaggio di Saleman / Foto di Andrea Benassi

Cosa significa per te viaggiare responsabile?

Viaggiare, più che viaggio, responsabilmente vuol dire essere consapevoli o almeno in parte cercare d’esserlo, dell’infinita ragnatela di collegamenti ed effetti in cui siamo immersi, prima, durante e dopo il viaggio stesso. Significa superare l’idea che partire sia andare in un altrove completamente sganciato dalla mia vita quotidiana, ricordando invece che si viaggia sempre nel presente, nel contemporaneo e nell’unico mondo che abbiamo. Ne consegue che viaggiare responsabilmente significa cercare di seguire gli effetti delle proprie azioni oltre il tempo e lo spazio del viaggio, cercando quindi di valutarne gli effetti, positivi e negativi.

Ovviamente non è pensabile e possibile eliminare totalmente i secondi, ma cercare di esserne consapevoli ed assumersene in parte la responsabilità è un azione forte che è già in grado di produrre effetti. Viaggiare in modo responsabile è in qualche maniera una forma di azione ‘politica’ e allo stesso tempo una forma di ‘testimonianza’.

Qual è secondo te il ruolo che la creatività può apportare per promuovere il turismo responsabile?

La creatività può sicuramente apportare un grande ruolo nella promozione di questo turismo; sia nella sua diffusione come idea, attraverso eventi, ma anche proprio promuovendo l’idea stessa della ‘creatività’ come atto umano e sociale. ‘creare’ vuol dire essere aperto al mutamento e quindi all’intreccio d’esperienze diverse. Diffondere l’idea della creatività è un antidoto forte e potente alla sclerosi che vede nell’altro qualcosa di fisso, statico, incapace non solo d’adattarsi ma appunto di creare del nuovo e del bello per essere nel presente e nella storia in modo attivo.

Il turismo responsabile vuole anche promuovere appunto tramite il viaggio l’idea che le culture ed i luoghi siano un qualcosa in progress, in divenire, capaci non solo d’adattarsi, ma intrecciarsi in modo creativo, superando quindi il rischio del turismo di chiudersi in una forma di ‘razzismo culturale’ dove sembra che gli altri possano solo essere ‘autentici’ o ‘contaminati’. Puntare sulla creatività libera una terza via che libere le singole persone e mette in campo proprio la loro capacità d’agire e di incontrarsi.

Qual è il contributo che il turismo può apportare allo sviluppo del territorio?

In potenza è un contributo importante. Superando come abbiamo detto l’idea del viaggio come esperienza solamente ‘esotica’, il viaggio può iniziare anche con un suo ‘ritorno a casa’ dove scoprire il valore e le possibilità dei territori ‘locali’. Facendo propria l’idea di ‘creatività culturale’ questa modalità di turismo può essere in grado inoltre di liberare energie capaci d’innovare, di valorizzare un’idea di ‘tradizione’, ‘luoghi’ e ‘patrimoni’ in movimento. Inoltre una tale modalità di turismo dovrebbe mettere al centro l’idea di fornire un orizzonte di ‘senso’ e di ‘dignità’ agli abitanti dei territori. Un turismo di questo genere dovrebbe essere in grado di stimolare un ‘orgoglio’ aperto all’incontro. Un ‘sens of place’ non campanilista ma proprio perché intriso di creatività e quindi forte e aperto al tempo stesso.

Cosa faresti se tu foste l’assessore al turismo della tua città?

Non è sempre facile rendere operative e trasformare in scelte amministrative le idee; sicuramente per stimolare un tale tipo di turismo, si dovrebbe rivedere molto anche l’idea e le modalità di partecipazione e di invito degli abitanti a partecipare. Un turismo ‘responsabile’ valorizza non solo le competente alte e certificate, ma bensì opera in una modalità ‘vernacolare’ dove si valorizzano e si cerca di conferire dignità e interessa ai ‘saperi’, alle pratiche ‘informali’, artigianali, cercando quindi di mettere in campo meccanismi inclusi anche a discapito della loro efficienza. Si tratta sicuramente di un meccanismo lento da mettere in campo, che vuole mutamenti non solo amministrati, non solo risorse economiche, ma forse più di tutte, risorse ‘culturali’, non nel senso aulico di cultura alta, ma nella prospettiva di un modo nuovo di vedere e concepire l’idea di partecipazione e capacità dei singoli di creare e contribuire in modo creativo alla cultura del proprio luogo.

Rubrica “In viaggio verso IT.A.CÀ”
Angela Pizzi

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